“E noi, che ne sarà di noi? Un diploma tutsi non è come un diploma hutu. Non è un vero diploma. Il diploma è la tua carta d’identità. Se c’è scritto tutsi, non troverai mai lavoro, neanche presso i bianchi. È la quota”
Il Ruanda è uno stato dell’Africa orientale. Per secoli le tre tribù ruandesi Hutu, Tutsi e Twa hanno condiviso la stessa cultura, lingua e religione. Nel 1916 il Belgio assunse il controllo del Ruanda al posto della Germania ed instaurò un rigido sistema coloniale di separazione razziale e sfruttamento. Concedendo ai Tutsi la supremazia sugli Hutu, i Belgi alimentarono un profondo risentimento tra la maggioranza Hutu; nel 1959 cedettero il controllo del Ruanda alla maggioranza Hutu. Con l’indipendenza ebbe inizio un lungo periodo di lotte civili e centinaia di migliaia di Tutsi e Hutu furono costretti all’esilio. Nel 1988 alcuni rifugiati diedero vita ad un movimento di ribellione chiamato Fronte Patriottico Ruandese rivendicando la loro patria. Nel 1990, dalla sua base in Uganda, l’RPF sferrò un’offensiva contro il governo ruandese che fu fermata con l’aiuto militare francese e belga. Un periodo funesto di guerre e massacri continuò fino al 1993, anno in cui le Nazioni Unite negoziarono un accordo che spartiva il potere tra le parti. Quando l’accordo era sul punto di essere firmato, l’aereo che trasportava il presidente ruandese a Kigali esplose in circostanze non chiare. Le tensioni, fin lì più o meno latenti, esplosero: tra il 6 aprile e il mese di luglio del 1994 ebbe luogo quello che viene chiamato il “Genocidio del Ruanda”.
S. Mukasonga, nata in Ruanda nel 1956, di etnia tutsi, nel 1973 è costretta a fuggire prima in Burundi, poi in Francia per sottrarsi alle persecuzioni degli hutu. Nel 1992 si stabilisce in Normandia e scampa così al genocidio del 1994, in cui 27 membri della sua famiglia, tra cui la madre, persero la vita. Nel 2006 pubblica un’autobiografia scritta per sé stessa “… per non dimenticare. Ciò che mi dicevo era che se una mattina mi fossi svegliata senza ricordare più nulla, allora sì, tutte quelle persone sarebbero davvero morte”. Nel 2012 esce in Francia Nostra Signora del Nilo che vince il Prix Ahmadou Kouroma e il Prix Renaudot.
Il liceo femminile Nostra Signora del Nilo si trova a Nyaminombe in Ruanda, a 2500 m sul livello del mare, vicino alla sorgente del Grande fiume, dove si venera la statua della Madonna nera. Siamo nei primi anni settanta, all’inizio dell’anno scolastico. Il giorno dell’inaugurazione, le ragazze arrivano, accompagnate dagli autisti, su delle costosissime macchine e viene dato loro il benvenuto dalla Madre superiora, dal prete, dal sindaco. Queste ragazze sono destinate ad un “bel” matrimonio, perché sono figlie di ministri, di militari d’alto rango, di uomini d’affari, di ricchi commercianti e saranno un modello per tutte le donne del paese; assieme a loro ci sono due giovani tutsi, ammesse grazie al 10%, la quota etnica. “Questa è la quota: venti alunne, due Tutsi e, per colpa loro, certe mie amiche, delle vere ruandesi del popolo maggioritario, del popolo della zappa, non hanno trovato posto nella scuola superiore. Come dice sempre mio padre, bisognerà pur liberarci un giorno di questa quota, è una vecchia storia dei belgi”. Il nuovo anno scolastico, scandito da ordinate lezioni, preghiere, canti e momenti di allegria, nasconde sentimenti contrastanti e rancori personali che sfoceranno in odio razziale. Le amicizie tra le ragazze si organizzeranno in base al potere che ognuna di loro esercita all’interno del gruppo, mentre le ragazze Tutsi saranno sempre più emarginate ed umiliate. Una delle ragazze Hutu, con l’aiuto del cappellano del Collegio e con l’appoggio delle più alte autorità del governo e del partito, approfittando della festa annuale della Madonna del Fiume, fa arrivare l’élite della Gioventù militante ruandese, di cui faceva parte. Le ragazze tutsi hanno paura, capiscono che tutto è stato organizzato per fare loro del male. “Due minibus varcarono come un razzo il cancello e si fermarono di fronte ai gradini dell’ingresso principale. Alcuni giovani, giovanissimi, scesero brandendo grossi randelli.”
“Ho paura di tutti gli uomini, ho capito che ogni essere umano nasconde dentro di sé qualcosa di orribile” Virginia, scampata al massacro, così concluderà il suo racconto: “ … non voglio più stare in questo paese. … La morte ha fissato il suo regno nel nostro povero Ruanda. Ha un suo progetto e lo porta avanti fino in fondo. Tornerò quando il sole della vita splenderà sul nostro Ruanda” .
Consigliato da Gemma Lucchesi
Scholastique Mukasonga, Nostra Signora del Nilo, Roma, 66thand2nd, 2014