Malati di libertà nasce per impulso della sezione ANPI «Martiri Niguardesi» di Milano che nel 2021 ha riunito un gruppo di giornalisti esperti e di giovani ricercatori che, con il lavoro di anni, ha prodotto il volume. Gli autori indagano una pagina significativa della Resistenza milanese (e non solo) relativa al rapporto tra il sistema ospedaliero e la lotta di liberazione. L’opera si segnala per il rigore metodologico, per la serietà e l’accuratezza della ricostruzione storica, qualità di cui si avverte crescente bisogno in questo momento di rozzi e ignobili revisionismi ideologici. Non è sconosciuto l’apporto che la sanità civile ha fornito alle diverse forme di Resistenza. Per quanto riguarda i nostri territori, basta citare le luminose figure del prof. Piero Fornara del «Maggiore» di Novara, il prefetto della Liberazione, oppure di Ettore Tibaldi del «S. Biagio» di Domodossola, presidente della Giunta provvisoria della zona libera ossolana, o ancora del prof. Giovanni Cirio del «Ss. Trinità» di Borgomanero e di molti altri. Così come è rimasto nella memoria collettiva l’eccidio di Forno del 9 maggio 1944 quando reparti fascisti della «Tagliamento» distrussero l’ospedaletto partigiano della Valstrona massacrando i sanitari e tutti i degenti.
Malati di libertà va ben oltre una semplice rievocazione restituendo prima di tutto un’immagine a tutto tondo dell’Ospedale di Niguarda nei suoi complessi addentellati con la vita del quartiere, con la città e il suo hinterland e con la complessa rete di sostegno alle brigate partigiane, ai prigionieri, ai deportati e ai perseguitati per motivi razziali. Ampio spazio è dedicato alla condizione delle infermiere e alla struttura clandestina approntata da Maria Peron (1915-1976). Una volta scoperta alla fine di aprile 1944, Maria salì in montagna nella brigata “Valgrande Martire” e la sua eredità passò nelle mani dell’infermiera Lelia Minghini (1918-2004). Tra le religiose della Carità della Santa Croce adibite al servizio sanitario, emerge la personalità di suor Giovanna Mosna (1913-1963) che rassicurava ai partigiani ricoverati con le parole «Non ci sono nemici a Niguarda». Per quanto tra le mura del nosocomio l’attività resistenziale fosse quasi totalmente al femminile, non mancò l’apporto di alcuni medici tra cui il dott. Alfredo Grossoni (1897-1968), Roberto Rizzi (1900-?) e Andreina Gatti Casazza (1895-1948), a fianco dei quali agiva la struttura più ampia e stimolante del CLN medici. Il capitolo delle fughe organizzate dei prigionieri, almeno una quarantina, occupa lo spazio maggiore del volume dalla prima azione del 25 luglio 1944 che restituì la libertà ai partigiani Giacomo Bertoli e Augusto Cerea, passando per Rino Pachetti e Aldo Tortorella, fino all’ultima fuga documentata del partigiano di origini novaresi Elso Brino dell’8 marzo 1945.
Con la ricca messe di documenti integralmente riportati, il volume conferma gli importanti apporti che gli archivi sanitari possono dare alla storia sociale e politica, le potenzialità – e anche le difficoltà – che derivano dall’intreccio di fonti diverse, orali e scritte, memorie e atti ufficiali.
Consigliato da Angelo Vecchi
Daniele Pascucci, Riccardo Degregorio, Alessandro Schiavoni, Carlo Celentano, Malati di libertà. Storia delle evasioni dei prigionieri antifascisti nell’ospedale milanese di Niguarda (1943-1945), Milano-Udine, Mimesis edizioni, 2024