L’Argentina è un paese con una storia che affonda le sue radici a migliaia di anni fa, molto prima dell’arrivo degli europei. I popoli indigeni, infatti, vennero colonizzati a partire dal 1516, quando arrivarono sulle coste del Rio del Plata gli spagnoli. L’influenza europea comincia a declinare per il malcontento degli abitanti nel XVIII sec. L’indipendenza sarà proclamata dopo la Rivoluzione di Maggio nel 1816.
Nel XX sec. si ha una considerevole crescita economica grazie anche al flusso migratorio dall’Europa: da questo momento la storia dell’Argentina sarà caratterizzata dall’alternarsi di governi militari e civili fino al movimento peronista e alla dittatura degli anni ’70; tutti i governi eletti in questi anni saranno rovesciati da golpe, con violenze e conflitti anche sociali sempre più intensi. Nel 1976 un nuovo colpo di stato rovescia le autorità costituzionali e viene arrestata Isabel Martinez de Peron (la moglie di Peron, che nel 1976 aveva preso il potere alla morte del marito) e nasce una dittatura militare (24 marzo 1976/10 dicembre 1983), guidata da J. R. Videla, che instaurò un regime repressivo attuando uno stato burocratico-autoritario, un nuovo modello economico-sociale neo liberale, violando diversi diritti umani. Venne esercitato il potere anche con torture, esilio, appropriazione di minori e numerose furono le sparizioni. Il regime era supportato dai media, da vari gruppi economici e dalla Chiesa. Nel 1983, indebolito dalla sconfitta nella guerra delle Falkland, il potere passa a un governo deciso dai cittadini e il 10 dicembre dello stesso anno (giorno della restaurazione della democrazia) rientrano in carica il presidente Raul Alfonsin, amministrazioni democratiche e il Parlamento.
Durante la dittatura le desaparecidos (persone scomparse) furono tra 15000 e 30000 cittadini. Alfonsin guida il governo democratico, affrontando la difficile transizione in un paese segnato da molte violenze; nel dicembre dello stesso anno emana decreti per portare a processo i responsabili del precedente regime e redige il rapporto Nunca Màs, mai più, sulle sparizioni forzate.
Figlia mia racconta la vita spensierata e felice della famiglia Jarach e l’angoscia di un padre e una madre per la scomparsa della figlia. Si alternano pagine gioiose, ma mai fino in fondo, perché si percepiscono il dolore e l’angoscia di una madre e di un padre, a pagine/documento in cui si racconta cosa è successo. Carlo Greppi ha raccolto le testimonianze degli amici di Franca, degli amici e dei parenti di Vera e Giorgio, tante testimonianze, tantissime interviste, innumerevoli incontri e ha cercato di ricostruire non solo la vita di questa famiglia, proveniente dall’Italia in seguito alle leggi razziali, una vita felice, spensierata, una vita normale fino a quel fatidico giorno, 25 giugno 1976, in cui Franca venne sequestrata e scomparve per sempre dal mondo, ma soprattutto l’autore ha cercato di capire cosa sia successo dopo quel fatidico giorno, dove sia stata portata Franca, se è stata torturata e quando è morta.
“Una volta che avevano perso i sensi venivano spogliati e, quando il comandante, a seconda di dove si trovava l’aereo, dava l’ordine, si apriva manualmente lo sportello e venivano gettati di sotto nudi, a uno a uno.” (racconto del capitano di corvetta Adolfo Scilingo, uno dei pochissimi assassini che raccontò qualcosa).
“È terribile per un figlio perdere i genitori ma è una cosa naturale che si aspetta prima o poi, ma perdere un figlio è tremendo, mai si può tornare ad essere del tutto sé stessi, un figlio è una parte di noi, perderlo è come perdere una parte di noi stessi.”
Queste parole, scritte da Giorgio, il papà di Franca, per confortare un amico che ha perso il figlio in un incidente, qualche mese prima della terribile scomparsa della propria figlia, riassumono le 313 pagine del libro ed inoltre Giorgio e Vera non avranno mai il corpo della figlia su cui piangere e la loro vita sarà dedicata soltanto alla ricerca della verità.
Franca, ragazza brillante, impegnata in tante attività, circondata da tanti amici, comincia molto presto a interessarsi alla politica del paese in cui vive, scrivendo poesie, discutendo, curiosando, raggiungendo sempre ottimi risultati scolastici. Le testimonianze raccontano di una ragazza eccezionale fin dalla più tenera età: “Il primo giorno di scuola della prima elementare, Franca era al centro della classe e, seduta a pochi metri da lei, Elena (compagna e grande amica di Franca negli anni tra il 1964 e il 1970/71) vede la sua mano levarsi immediatamente non appena la maestra chiede di osservare un testo alla lavagna. Franca, a sei anni, lo decodifica perfettamente, legge tutto d’un fiato, come se lo facesse da sempre… le maestre facevano molte domande, lei era sempre la prima ad alzare la mano e dava sempre la risposta giusta.”
I suoi genitori avevano atteso per tanti anni la nascita di questa figlia e quando finalmente era arrivata, il 19 dicembre del 1957, la NACION aveva dedicato ampio spazio a un piano terrorista sventato a La Plata. Il momento che precede il suo arrivo è una festa. “Ancora prima di nascere mi avete obbligata ad imparare”, dirà Franca ai suoi con ironia. In camera sua infatti Giorgio e Vera dipingono l’alfabeto, un pachidermico e fiabesco abecedario con una immagine per ogni lettera. Intelligenza “luminosa”, vivace e fuori dal comune, così la definirà la madre. La vita della piccola Franca è una vita felice, una vita italo – argentina. I suoi genitori, provenienti dall’Italia, a causa delle leggi razziali si stabiliscono a Belgrano, nella zona nord di Buenos Aires, stabilendo delle ottime relazioni con altri ebrei italiani. “I figli di italiani nati in Argentina sono allo stesso tempo argentini per la legislazione basata sullo ius soli, e italiani per quella italiana, basata sullo ius sanguinis”. Migliaia di desaparecidos saranno italiani, figlie o figli di italiani (nei soli primi due anni di dittatura oltre 1600 denunce riguardano persone con passaporto italiano). Ne testo Figlia mia vengono ricostruite molto bene le vicende umane e intellettuali dei protagonisti, grazie all’abilità narrativa di C. Greppi e ad una sistematica e minuziosa ricerca d’archivio. Il Rio de la Plata su cui si affaccia il Parque de la Memoria è una enorme tomba e mentre il mare in genere unisce, quello è un mare che inghiotte, che uccide. Questa è la storia di un crimine, difficile da prevedere prima che accadesse e difficile da comprendere poi, e della sua memoria, dell’infinita e strenua lotta perché non sia dimenticata. La verità sulla scomparsa di Franca Jarach fino ad ora, a quasi cinquant’anni da quel 25 giugno 1976, è una verità imperfetta, incompleta, ma è una verità!
“La ricerca non finisce qui! Pensa a quanti ancora si chiedono cosa è successo e non sanno niente. Questo è come un cerchio che si è chiuso ma quanti non sanno dei figli, non sanno dei nipoti? E quanti si chiedono se i loro genitori lo sono davvero? Quanti non hanno corpi su cui piangere?” (Carlo Greppi)
Al mattino passo
vicino a un luogo circondato da mura
mura grigie, sporche e tristi
di cartelloni pubblicitari, di liste elettorali blu
un giorno guardo dentro
è una baraccopoli
gente
altra gente
vestita di stoffe a buon mercato
nuda di felicità.
Una ragazza mi offre limoni
"cento a dozzina, comprami"
Ha tredici anni più o meno
la mia età.
Un magazzino fatiscente,
con topi con sporcizia
con microbi lugubri.
È un luogo circondato da mura
luride di crimini umani
che sono solo i nostri.
Franca Jarach
Questa poesia è stata scritta quando Franca aveva 13 anni.
P.S.: Vera Vigevani Jarach è morta venerdì scorso 3 ottobre, a Buenos Aires a 97 anni. Era la mamma di Franca e una delle madri di Plaza de Mayo. Nel 2014 aveva rilasciato un’intervista al Corriere della sera: “ Mi chiamo Vera Vigevani Jarach e ho due storie. Sono una ebrea italiana. Sono arrivata in Argentina nel 1939, per le leggi razziali. Mio nonno è rimasto ed è finito deportato ad Auschwitz. Non c’è tomba. Dopo molti moltianni… Altro luogo in Argentina, altra storia. Mia figlia diciottenne viene sequestrata, portata in un campo di concentramento anche lei e viene uccisa, con i voli della morte. E non c’è tomba. Queste due storie indicano un destino comune e fanno di me una testimone e una militante della memoria.”
Consigliato da Gemma Lucchesi
Carlo Greppi, Figlia mia. Vita di Franca Jarach, desaparecida, Roma-Bari, Laterza, 2025